Contratto concluso con truffa: nullo o annullabile?
Il contratto concluso con truffa è annullabile, non nullo, poiché il dolo è analogo a quello che ha influenzato il consenso. Se chi compra il bene con consenso viziato lo trasferisce, il terzo acquirente in buona fede e che paga è protetto dall'annullamento.
Il contratto concluso mediante truffa penalmente accertata non è considerato nullo, ma annullabile, poiché il dolo costitutivo della truffa non è fondamentalmente diverso, neppure sotto il profilo dell'intensità, rispetto a quello che influenza il consenso nel negoziato. Entrambi si basano sugli artifici o raggiri utilizzati per indurre l'altra parte in errore e comprometterne il consenso. Nel contesto della vendita, il soggetto attivo che riceve il bene col consenso viziato dell'avente diritto diventa il proprietario effettivo, con il conseguente potere di trasferire la proprietà a un terzo. Se questo terzo acquista in buona fede e a pagamento, sarà protetto dagli effetti di annullamento affermati dal "deceptus" ai sensi dell'art. 1445 del Codice Civile.
Questo è quello che ha stabilito la Corte d'Appello di Milano nel caso di due persone che avevano venduto la loro auto a un terzo, ricevendo un assegno falso come pagamento. Dopo aver denunciato il terzo per truffa, avevano scoperto che aveva rivenduto l'auto a un prezzo inferiore. Nella causa legale che ne è seguita, gli originari proprietari hanno cercato di essere riconosciuti come unici proprietari del veicolo e hanno chiesto risarcimento per i danni subiti dal sequestro dell'auto.
La sentenza di primo grado e l'appello hanno confermato la validità del trasferimento della proprietà dell'auto e respinto l'accusa di malafede rivolta al concessionario. La Corte ha sottolineato che il primo contratto non era nullo ma annullabile per dolo.
I giudici di secondo grado hanno precisato che il contratto concluso tramite truffa è annullabile ai sensi dell'art. 1439 del Codice Civile, sottolineando che il dolo in questione non è diverso da quello che viziava il consenso. La Corte ha respinto l'argomento dell'art. 1153 del Codice Civile, sostenendo che non era applicabile nel caso in questione.
In conclusione, la Corte ha confermato il potere del soggetto attivo che riceve il bene con un consenso viziato di trasferirlo, proteggendo chi acquista in buona fede e a titolo oneroso dalle azioni di annullamento, mentre il giudizio sulla buona fede richiede una valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità.