È una frode vendere mozzarelle di bufala contenenti latte vaccino

Respinta la tesi secondo cui va escluso l’obbligo di osservanza del disciplinare di produzione se non vi è iscrizione al ‘Consorzio per la produzione della mozzarella di bufala’

È una frode vendere mozzarelle di bufala contenenti latte vaccino

Catalogabile come frode commerciale la vendita di mozzarelle di bufala contenenti anche latte vaccino. Questo il principio applicato dai giudici (sentenza numero 4251 del 31 gennaio 2025 della Cassazione) per legittimare la condanna a carico della titolare di un’azienda casearia che opera in Campania.
Respinta la tesi difensiva secondo cui va escluso l’obbligo di osservanza del disciplinare di produzione se non vi è iscrizione al ‘Consorzio per la produzione della mozzarella di bufala’.
A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria sono alcuni accertamenti effettuati nell’estate del 2021 sui prodotti messi in vendita da un’azienda casearia in Campania. Dall’esame delle mozzarelle di bufala, in particolare, emerge che in realtà esse contengono anche latte vaccino. Consequenziale l’accusa di frode nell’esercizio del commercio, accusa ritenuta fondata dai giudici di merito, i quali, sia in primo che in secondo grado, condannano a pagare 2mila euro di multa la titolare del caseificio, ritenendola colpevole di avere detenuto e distribuito per la vendita mozzarelle di bufala non conformi a causa della presenza, oltre la soglia consentita, di caseina bovina.
Col ricorso in Cassazione, però, l’avvocato che difende l’imprenditrice punta a ridimensionare i fatti, contestando l’ipotesi di reato della frode nell’esercizio del commercio. In questa ottica, difatti, il legale, richiamando anche il ‘Disciplinare di produzione della mozzarella di bufala’ pubblicato dal Ministero delle Politiche Agricole, sostiene che l’azienda casearia della sua cliente non sia tenuta all’osservanza del disciplinare, in quanto non iscritta al ‘Consorzio per la produzione della mozzarella di bufala’, con conseguente inapplicabilità ad essa dello statuto del consorzio.
Per i magistrati di Cassazione, però, la linea difensiva è fragilissima, innanzitutto alla luce del dato emerso dai controlli effettuali sulle mozzarelle di bufala prodotte per la vendita dal caseificio e poi alla luce del quadro normativo relativo alla vera mozzarella di bufala.
Così, in prima battuta, viene sottolineato che la società ha commercializzato mozzarelle con l’indicazione: ‘mozzarelle di bufala’ ma in realtà contenenti una percentuale di latte vaccino superiore all’1 per cento.
Detto ciò, bisogna tenere presenti la denominazione di origine protetta ‘mozzarella di bufala campana’ e il disciplinare di produzione della mozzarella di bufala. Nello specifico, il disciplinare di produzione prevede espressamente che la ‘mozzarella di bufala campana’ sia prodotta esclusivamente con latte di bufala intero fresco, annotano i giudici citando quanto stabilito dal Ministero delle Politiche Agricole.
Palesemente illogica, quindi, la tesi difensiva, poiché, altrimenti, se si seguisse quella linea di pensiero, basterebbe non essere soci del ‘Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala’ per poter liberamente spacciare per mozzarella di bufala un prodotto che non risponde ai requisiti stabiliti con provvedimento vincolante per tutti coloro che intendono produrre e vendere mozzarella di bufala.
Tirando le somme, vendere come mozzarella di bufala campana mozzarelle contenenti latte vaccino, comunque non prodotte esclusivamente con latte di bufala, integra il delitto di frode nell’esercizio del commercio, poiché si consegna all’acquirente una cosa mobile diversa, per qualità, da quella dichiarata e pattuita, sanciscono i magistrati di Cassazione, aggiungendo che tale condotta scorretta offende l’interesse dello Stato di assicurare l’onesto, il leale e corretto svolgimento dell’esercizio del commercio.

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