Imprescindibile la cancellazione dall’anagrafe del Comune per sfuggire al Fisco italiano
Fondamentale il passaggio formale, oltre ai dati concreti, per certificare la residenza all’estero

Solo l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero e la contemporanea cancellazione dalla popolazione residente nel vecchio Comune di residenza certificano l’addio del contribuente all’Italia. Quest’ultimo mancato passaggio costa caro al contribuente, rendendo definitiva la pretesa avanzata dal Fisco in merito al possesso di attività finanziarie non dichiarate presso Paesi a fiscalità privilegiata. In sostanza, il dato formale ed ufficiale della residenza nel Comune italiano batte le prove concrete fornite dal contribuente per dimostrare il proprio trasferimento all’estero, più precisamente in Brasile. Accolta la tesi portata avanti dall’Agenzia delle Entrate e centrata sulla soggettività fiscale italiana del contribuente fino a quando egli non ha ufficializzato l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero con contestuale cancellazione della sua residenza in Italia. I giudici ribadiscono che le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente in Italia si considerano in ogni caso residenti in Italia, e quindi sono soggetti passivi d’imposta in Italia. Ciò perché l’iscrizione anagrafica è preclusiva di ogni ulteriore controllo e il trasferimento della residenza all’estero non rileva fino a quando non risulta la cancellazione dall’anagrafe del Comune italiano. (Ordinanza 1355 del 18 gennaio 2022 della Cassazione)