Confermata la pretesa avanzata nei confronti del proprietario dell’immobile, che deve pagare l’imposta piena
Legittimo il ripensamento del Comune, che prima concede uno sconto sulla Tarsu e poi, però, passa all’incasso dell’imposta piena. Inutile l’opposizione del proprietario di una casa, inutile il suo riferimento al fatto che l’ente locale lo aveva autorizzato in origine a pagare la tassa con un’aliquota ridotta perché l’immobile di sua proprietà si trovava in zona non servita dalla raccolta dei rifiuti. Il cittadino ha contestato la revoca e ha evidenziato, soprattutto, che non vi à stato alcun atto preventivo di accertamento per l’applicazione della tariffa nella misura del 100 per cento. I giudici tributari di secondo grado hanno stabilito che l’ingiunzione di pagamento recapitata al proprietario dell’immobile trovava origine legittimamente nel provvedimento di revoca dello sconto riconosciuto in prima battuta dal Comune. E questa visione è condivisa dai giudici della Cassazione, i quali ricordano peraltro che il presupposto della Tarsu è l’occupazione di uno o più spazi, adibiti a qualsiasi uso e giacenti sul territorio del Comune dove il servizio di smaltimento rifiuti è reso in maniera continuativa, e, quindi, il presupposto impositivo non è il servizio prestato dal Comune ma la potenziale attitudine a produrre rifiuti da parte dei soggetti detentori degli spazi. (Ordinanza 535 dell’11 gennaio 2022 della Cassazione)